Don Chisciotte de la Mancia, opera di Miguel de Cervantes Saavedra, non è solo uno dei capolavori più letti della letteratura mondiale, è anche un termine di paragone con il quale si sono scontrati i più grandi artisti, del nostro tempo e non. Ogni letterato – da Borges a Citati; ogni regista cinematografico – da Pabst a Terry Gilliam passando per Orson Welles; innumerevoli saggi, spettacoli teatrali, performance, sculture, olii, disegni…ogni autore ha avuto il “suo periodo” donchisciottesco.
Dicevamo “scontrati” perché è facile da leggere ma difficile da accettare, Don Chisciotte.
Cosa ne dobbiamo pensare? Ne ridiamo? Ne piangiamo?
Ognuno ha una reazione assolutamente personale ed ogni autore propone commenti diversi, nella sostanza e nelle sfumature.
Anche su di noi Don Chisciotte ha fatto presa, ma nel nome della non consuetudine abbiamo operato dei rivolgimenti totali. Il più evidente è che Sancho è lontano e il suo posto è preso da una governante che gli somiglia: la sua gemella Sancha.
Gemella sì, ma del tutto diversa: astiosa, amorevole, tragica, sferzante, alla ricerca della propria libertà e nello stesso tempo legata al Cavaliere, ormai decrepito, da un nodo che non può sciogliere.
Perché Don Chisciotte non è pazzo. Anzi, ha momenti di feroce crudeltà, di disprezzo non velato da ritegno nei confronti di Sancha, ma non è pazzo. Vive davvero le sue visioni.
Lui – che Cervantes fa nascere come Señor Quijana – crea il personaggio “Don Chisciotte” e inventa il mondo che circonda il suo personaggio. Su quel mondo – sulle visioni di Don Chisciotte – abbiamo operato un altro rivolgimento, ma dovrete scoprirlo da soli.
E in questo gioco di mondi paralleli e di visioni vissute, Sancha deve giocare il gioco del Señor Quijana e seguire e servire Don Chisciotte, malgrado tutto.
Per questo l’abbiamo indicato come “dramma satirico”: i nostri personaggi lottano ognuno per la propria visione del mondo, mentre vivono il dramma della loro esistenza.

REGIA Michele Orsi Bandini